#play14, ancora
Dal 5 al 7 settembre 2024 si è tenuta la settima edizione italiana di #play14. La unconference dedicata al gioco come strumento di apprendimento e di formazione, nata appunto nel 2014, ha una sua edizione italiana che si è svolta a partire dal 2016, con l’interruzione nelle primavere 2020 e 2021 a causa delle restrizioni connesse alla pandemia di CoViD-19.
Nel corso di questi anni, si è assistito per #play14 Italia [1] a cambiamenti nella collocazione geografica (Milano, Bologna, Firenze) ma soprattutto nella composizione dei partecipanti: l’evento ha visto infatti allargarsi la community degli appassionati. Se inizialmente i “giocatori seri” che prendevano parte a #play14 Italia erano provenienti in gran parte al mondo delle metodologie agili, con quest’anno si è consolidata la tendenza delle ultimissime edizioni in cui si sono riequilibrati i pesi tra agilisti, coach, professionisti della formazione, e tra chi proviene da aziende e settori produttivi più legati al terziario avanzato e chi lavora invece in strutture più tradizionalmente votate alla formazione.
La location e la sua importanza
Se per la riuscita di questo tipo di “non conferenze” risulta molto importante anche la location [2], possiamo dire che la scelta di quest’anno si è rivelata piuttosto azzeccata, nonostante non si allinei a quanto fatto nel passato. #play14 Italia edizione 2024 si è svolto infatti nei locali di una scuola superiore: il liceo “Anna Maria Enriques Agnoletti” [3] di Sesto Fiorentino.
La struttura, molto moderna e luminosa, con ampi spazi comuni ben distribuiti ma anche con le normali classi, è stata molto apprezzata dai partecipanti e si è dimostrata adatta alle attività di serious game e al lavoro con i gruppi: come ha detto uno degli organizzatori, alla fine il luogo più adatto a imparare si è rivelato una scuola, peraltro molto ben progettata.
Le attività
Per concludere il tema della location scuola, alle attività hanno tra l’altro partecipato svariati allievi e qualche docente del Liceo Enriques Agnoletti. All’interno di un quadro di attività formative complementari al percorso scolastico, durante l’anno scolastico precedente i ragazzi avevano seguito delle lezioni incentrate proprio sul gioco come strumento di apprendimento, e si sono integrati molto bene nei gruppi, nonostante la differenza di età con i partecipanti.
Come in ogni unconference, il programma del secondo e del terzo giorno è stato creato con il consueto sistema del market place, con alcuni partecipanti che hanno proposto diverse attività e le hanno collocate nelle “caselle” orarie per comporre la scansione delle attività, a cui poi le persone hanno scelto di partecipare.
Nel complesso, hanno preso parte a questa edizione 2024 più di cento partecipanti.
Un resoconto limitato
Ma in questo articolo forniamo un resoconto parziale che si concentrerà sull’illustrazione del “gioco sociale” svolto nel tardo pomeriggio della prima giornata, che ha coinvolto tutti i partecipanti e che rappresenta un bell’esempio di gioco ben strutturato, capace di veicolare contenuti formativi e, a quel che si è visto, sicuramente divertente.
Ready2Plant: un gioco “lean”, ma non solo
Chi conosce molto bene il mondo del serious game troverà sicuramente degli elementi di altri giochi “famosi” in questa attività. Ma l’aspetto importante del gioco di cui ora parleremo è che approfondisce la complessità di determinati processi e consente, anche per la “fisicità” dei materiali, la sperimentazione di strategie diversificate e favorisce un’interazione molto proficua tra i partecipanti. Cominciamo quindi a vedere lo scopo, le regole, gli elementi e i meccanismi del gioco.
La metafora
Il gioco si chiama ready2plant e immagina una startup del settore giardinaggio che produce delle piantine già confezionate in un vasetto biodegradabile che siano, appunto, “pronte da piantare”, in vasi più grandi o nel terreno.
L’idea è quella di realizzare un prodotto pronto all’uso, semplice da trasportare e mettere a dimora, ma anche dotato di una sua riconoscibilità e di un suo “stile”.
Scopo del gioco
Lo scopo del gioco è di preparare “prodotti finiti” che saranno depositati in un apposito spazio per il delivery – rappresentato nel gioco da un tavolino separato da quello su cui si preparano i prodotti — e che saranno controllati dai giudici. Il prodotto, infatti, per essere definito “finito” deve rispondere a determinati requisiti:
- una sola piantina in un solo “vasetto”;
- il vasetto deve contenere un quantitativo sufficiente di terra che accolga le radici della piantina;
- il vasetto deve stare in piedi sullo “scaffale”;
- il vasetto deve avere un manico che lo renda trasportabile;
- il vasetto deve avere un logo/marchio che lo renda riconoscibile come prodotto da quella startup.
Un aspetto importante del gioco è che occorre realizzare i vasetti finiti cercando di ridurre al minimo gli sprechi e spendendo meno “denaro” possibile per i materiali (vedi sotto).
Materiali
I materiali a disposizione per il gioco sono i seguenti:
- dei fagioli, che rappresentano il denaro; ogni fagiolo vale simbolicamente 1 €; il denaro è contenuto in un bicchiere, è abbondante e, nel caso finisca, viene fornito nuovamente dall’organizzazione: in questo gioco, la funzione del “denaro” non è tanto quello di rappresentare una risorsa limitata ma serve a tenere conto delle spese fatte (vedi sotto “Meccanica del gioco”) ai fini di una produzione in cui si sprechi meno possibile. Uno dei partecipanti ha coniato per il “denaro” il termine BeanCoins, che ha avuto immediato successo…
- dei fogli di carta-paglia, di dimensioni simili all’A3, che rappresentano il materiale per costruire i “vasetti” dentro cui va la piantina; un foglio può essere anche tagliato per realizzare più di un “vasetto”; ogni foglio costa 3 € o BeanCoins che dir si voglia;
- le piantine, in questo caso dei piccoli esemplari di insalata lattuga, sono vendute in blocchi di otto piantine, al costo di 8 € a blocco; quindi con un blocco di piante si possono preparare 8 vasetti ready2plant;
- il terriccio, venduto in ciotole a 4 € — o BeanCoins — ciascuna, che serve per invasettare le piantine; con una ciotola di terriccio si riescono a fare anche 4–5 vasetti;
- dei cordini di spago, lunghi una quanrantina di cm, venduti a mazzetti di 10 spaghi; ciascun mazzetto costa 9 €; lo spago può servire a tenere insieme il vasetto o a realizzare il necessario manico per il trasporto.
Le squadre
Visto il gran numero di presenti all’evento, le squadre erano composte da circa dieci giocatori l’una; ogni squadra era caratterizzata da un colore, ma doveva darsi anche un nome da collegare al branding della ipotetica startup protagonista del gioco. Un importante aspetto nella composizione delle squadre sta nella presenza di alcuni ruoli ben definiti all’interno di essa: un buyer, un grafico, un team coach, vari operatori. I vari ruoli del team collaborano pariteticamente nel discutere e decidere le strategie, ma i diversi ruoli svolgono compiti differenziati:
- il buyer è l’unica persona della squadra che può recarsi dal grossista a comprare i materiali (blocco piantine, fogli di carta, ciotola di terriccio, mazzetti di spago) utilizzando il “denaro” rappresentato dai fagioli;
- il grafico è l’unica pesona che può disegnare/scrivere sul “vasetto” di carta riportando logo e nome della startup;
- il team coach si occupa di facilitare l’interazione fra i membri della squadra e di condurre la retrospettiva a fine iterazione (vedi avanti “Meccanica del gioco”); non può aiutare direttamente nella preparazione del materiale e nella costruzione manuale dei prodotti;
- gli operatori sono coloro che, materialmente, realizzano i vasetti con le piantine a partire dai vari elementi disponibil sul tavolo.
Meccanica del gioco
Il gioco si svolge su tre iterazioni di durata pari a 15 minuti. Durante ogni iterazione, il buyer acquista il materiale dal “grossista”, pagando alla cassa i diversi materiali. La cassa registra su un foglio di calcolo i soldi spesi da ciascuna squadra (vedi sotto “Punteggio”) e consegna il materiale al buyer. A questo punto, gli operatori della squadra, raccolti intorno a un grande tavolo, cominciano a costruire il prodotto, su cui il grafico appone il marchio dell’azienda. Ricordiamo che, per essere considerato finito, il prodotto deve essere confezionato per bene, non deve disfarsi, deve stare in piedi sul tavolino del delivery, deve avere logo/marchio e deve essere trasportabile grazie a un manico. Per quanto riguarda forma e dimensioni del prodotto finito, non ci sono obblighi, a patto che rispettino i requisiti appena descritti.
Al termine dell’iterazione, mentre i giudici contano e valutano i prodotti, la squadra conduce una retrospettiva di 2 minuti, facilitata dal team coach, in cui si valutano punti di forza, problemi emersi durante il processo, possibili strategie di miglioramento e così via.
Punteggio
Ogni piantina ready2plant completata vale 1 punto. Chiaramente, affinché tale punto sia assegnato, il prodotto finale deve rispettare tutti i requisiti già illustrati. Ma la cosa interessante è che ci sono anche delle penalità: tutto ciò che è spreco viene penalizzato, sia che si tratti ad esempio di un prodotto fatto male, che quindi va sprecato, sia che si tratti di aver sporcato troppo il tavolo o il pavimento con il terrccio, indice di una lavorazione poco accurata, sia che si tratti di materiale grezzo avanzato perché se ne è acquistato troppo inutilmente che poi non è stato trasformato in prodotto finito.
Dal momento che la cassa registra su un foglio di calcolo i soldi spesi da ciascuna squadra, si sa esattamente quanto sono costati nel complesso i prodotti realizzati da ogni squadra per ciascuna iterazione. In questo modo, calcolando il rapporto “pianteine in vasetto / fagioli spesi”, si possono definire dei vincitori, anche per categoria.
Infatti sono previsti tre premi:
- medaglia di bronzo per il gruppo con la migliore produttività, ossia la squadra che ha realizzato nel complesso delle tre iterazioni il numero più elevato di prodotti validi;
- medaglia d’argento per il gruppo con la migliore sostenibilità economica, ossia la squadra che ha realizzato nelle tre iterazioni i prodotti con il più basso costo per singola piantina invasettata;
- medaglia d’oro per il gruppo con il migliore kaizen, ossia il miglioramento continuo più rilevante, vale a dire che quanto è stato prodotto nella terza iterazione e quanto era stato prodotto nella prima è stato diviso per il costo e si è guardato chi ha fatto il più evidente balzo in avanti.
È chiaro che in questo modo si premiano strategie e comportamenti anche diversi, privilegiando comunque il concetto di miglioramento continuo.
ready2plant… in azione
La prima caratteristica che un gioco, anche un serious game con finalità didattiche e formative, deve possedere è di essere divertente. E in questo senso, ready2plant ha funzionato molto bene: le persone hanno avuto bisogno della prima iterazione per comprendere appieno la meccanica e mettere a punto delle strategie e un “design di prodotto”, ma sono poi entrate nel gioco in maniera pienamente coinvolta e anche piuttosto “accanita”…
Alcune strategie sono emerse con la seconda e terza iterazione: la tendenza a risparmiare sul terriccio, dal momento che in effetti ne serviva poco; la realizzazione di “vasetti” piccoli, con una standardizzazione del modello prodotto dalla propria startup; la drastica riduzione dell’uso dello spago — qualche giocatore ha esclamato “Oh, ma questi spaghi costano moltissimo!” — con la conseguente realizzazione dei manici del vasetto direttamente in carta.
Specie nella prima iterazione, in molti si sono dimenticati del logo/marchio forse perché, nella foga di produrre o nella iniziale necessità di mettere a fuoco tutti gli aspetti della produzione, non si era capita la necessaria importanza di questo aspetto per il prodotto finito.
La fase di retrospettiva è stata utilizzata per discutere e rendersi conto di quello che si poteva fare nella iterazione successiva. Si è notato subito un netto miglioramento tra la prima e la seconda iterazione
Allo scopo di ridurre al minimo gli sprechi, verso la fine della terza iterazione si è cominciato ad assistere a scambi tra gruppi del materiale avanzato che magari poteva risultare vicendevolmente utile. Questa pratica, non vietata esplicitamente dalle regole, andrà tenuta presente nella versione finale del gioco, ma dimostra chiaramente che dalle squadre emergevano comportamenti spontanei in linea con lo scopo finale del gioco.
Conclusioni
Chi ha conoscenza dei principi Lean e delle pratiche Agile non avrà faticato a riconoscere nel gioco alcuni elementi derivati proprio da questo contesto: da un ambito più vicino a Scrum, i ruoli all’interno della squadra, le iterazioni concluse da una retrospettiva, la definition of done che qualifica un prodotto come finito; e da un’ispirazione di matrice Lean, l’attezione alla riduzione degli sprechi e il miglioramento continuo.
Ma la cosa forse più interessante è stata la riuscita del gioco anche per persone che di tali argomenti sanno poco o nulla, e che però hanno potuto comprendere certi aspetti e certe strategie della produzione in maniera più intuitiva e autoemergente, il che è proprio il fine di giochi come questo.
Ancora una volta, a #play14 Italia edizione 2024, il valore del serious game è nuovamente emerso in tutta la sua forza.
Riferimenti
[1] Il sito ufficiale dell’edizione italiana di #play14
https://www.play14.it
[2] Marta Ghislandi, #Play14 Bologna 2023. Il percorso continua. MokaByte 296, luglio-agosto 2023
https://www.mokabyte.it/2023/07/11/play14bologna2023/
[3] ISIS “A.M. Enriques Agnoletti”
https://www.liceoagnoletti.edu.it