L’App Store conta 1,2 milioni di applicazioni e Google Play altrettante. I numeri continuano ad aumentare e diventa sempre più difficile monetizzare le proprie app. In questo articolo vedremo i modelli di business praticabili e le tecniche migliori per promuovere e guadagnare in questo mercato.
Il mercato delle app
In quattro anni, il numero di smartphone venduti nel mondo è triplicato e questo trend sembra confermarsi anche per il futuro. A fine 2013, più del 30% dei telefoni mobili al mondo erano smartphone.
Figura 1 – La crescita del mercato degli smartphone è andata aumentando fortemente in questi ultimi anni.
Le abitudini degli utenti stanno cambiando. Molte attività che tipicamente erano svolte davanti a un PC, ora sono svolte in completa mobilità con il proprio device mobile. Leggere e rispondere a un’email, navigare su internet, condividere un appuntamento sono azioni molto naturali per chi ha uno smartphone.
Le app hanno risolto in modo elegante il problema della semplicità di utilizzo. Siamo passati da applicazioni ricche di funzionalità ad app molto semplici che hanno uno scopo ben preciso. Questo fattore, insieme al prezzo molto basso, se non gratuito, sta portando il mercato a numeri straordinari tanto che la sola vendita di tablet ha superato quella dei personal computer.
Figura 2 – La vendita di tablet ha superato quella dei computer portatili o desktop.
Oggi il mercato dei sistemi operativi mobile è dominato da due player: Apple e Google. Google è leader come numero di device.
Figura 3 – I grandi giganti nel mondo dei sistemi operativi per dispositivi mobile.
Quasi l’80% degli smartphone ha installato un sistema operativo Android, ma va notato che Apple, invece, monetizza il doppio di Google anche se ha un installato pari a un quarto di quello del rivale.
Figura 4 – Nonostante Google domini per il numero di dispositivi su cui è installato il suo sistema operativo Android, Apple è avanti per quel che riguarda i guadagni derivanti da app installate su iOS.
Questi fattori sono da tener presenti quando si pianifica una campagna di marketing. La strategia potrebbe essere molto diversa a seconda che si stia promuovendo un’app Apple o una Google oppure se si sta lavorando su entrambi i Mobile OS.
I modelli di guadagno di un’app
Le app guadagnano? Quanto è grande questo mercato in termini di ricavi? Si parla di 38 milardi di dollari nel 2013 con tassi di crescita interessantissimi e, come abbiamo visto, margini di espansione ancora notevoli. Il mondo mobile è diventato un nuovo media e quindi un nuovo canale con cui veicolare contenuti e pubblicità.
Figura 5 – Un mercato interessante e con ulteriori margini di espansione.
I quattro modelli di business
Possiamo identificare quattro modelli di business principali nelle app:
- Free + adv (gratuito + pubblicità);
- Freemium (in parte “free” e in parte “premium”, cioè funzionalità aggiuntive a pagamento);
- Paid (applicazione a pagamento);
- Paidium (da “paid” + “premium”, dove si pagano già le funzionalità base e in più si paga ulteriormente per funzionalità aggiuntive).
Figura 6 – I quattro modelli di business per le app mobile. “Free”, come divertirsi in un prato soffiando su “soffione”. “Freemium” come la collezione delle figurine dei calciatori dove tipicamente l’albo e la prima busta sono gratuiti e poi le buste successive si pagano. “Paid”, come un caffè: costa poco, è buono e soddisfa il mio bisogno. “Paidium” come la stampante: costa la periferica e costa la sua manutenzione.
Di seguito, vediamo in dettaglio questi modelli di pagamento.
Free + pubblicità
“Non costa nulla ma, guardando la pubblicità, faccio guadagnare chi pubblica l’app”.
È il modello di business che crea meno resistenze da parte dell’utente finale perchè non costa nulla. Se qualche anno fa scaricare tante app era abituale, quasi come fare zapping alla televisione, ora ce ne sono tantissime e lo spazio sul device non è enorme: pertanto le persone prestano più attenzione alla qualità di ciò che scaricano, anche se è gratis.
Questo comportamento fa sì che solo con la pubblicità non si riesca a monetizzare un’app facilmente. Vedremo più avanti come combinare la pubblicità con altre tecniche. Prima però analizziamo le quattro varianti principali per visualizzare al pubblicità (banner, interstitial, video adv e voce di menu) e il modo in cui viene monetizzata la pubblicità.
Banner
È posto in una parte dello schermo che non dia troppo fastidio all’utente ma che sia visibile e riconoscibile. Quando è toccato porta tipicamente a un sito o allo store dove viene venduta l’app o il servizio pubblicizzato.
Esistono diversi formati per i banner a seconda se lo schermo è orizzontale o verticale e in base a quanto spazio in altezza si vuole “prendere” rispetto all’app [1].
Figura 7 – Collocazione e misure standard dei banner su uno smartphone.
I banner possono essere visualizzati in tre modi:
- posizione fissa nello schermo e dimensione statica: al tocco, vengo inviato al prodotto in promozione;
- posizione fissa ed espansione a metà o tutto schermo al primo tocco; al secondo tocco si viene indirizzati al prodotto in promozione;
- “in volo” sopra lo schermo: possibilità di essere chiusi dall’utente; al tocco, si viene inviati al prodotto in promozione.
Figura 8 – Esempio di banner nel gioco Football Seasons.
La posizione fissa è quella più tipica per questioni di semplicità di UX e poca invasione nello schermo.
Interstitials
L’interstitial, differentemente dal banner, è una pubblicità interattiva che è presentata nella app e coinvolge l’utente da subito, catturandone maggiormente l’attenzione. Di conseguenza l’interstitial è da considerarsi maggiormente invasivo rispetto banner statico e va usato con cautela. A livello monetario, l’interstitial rende di più del semplice banner.
Figura 9 – Esempio di Interstitial di promozione dell’app “Nonna Mobile” all’interno di un’altra app.
Video
Si può considerare come la “novità” del panorama pubblicitario mobile. Il video è mostrato a schermo intero tra una schermata e l’altra. Se visto per almeno una buona percentuale di tempo (tipicamente il 70%) porta alla monetizzazione. È il metodo pubblicitario più invasivo di tutti ma anche quello che ha la rendita maggiore tra tutti gli adv.
Figura 10 – Esempio di video adv. Si noti in basso a sinistra i secondi che mancano prima che scompaia.
Menu
Una strategia interessante è posizionare gli adv nei menu dell’app. Danno meno fastidio che posizionati nella parte più operativa dell’app e possono anche essere messi al posto di una voce di menu non ancora abilitata per renderla acquistabile.
Figura 11 – Esempio di banner in un menu dell’app “Trova la mia medicina”.
Monetizzazione della pubblicità
Le pubblicità sono monetizzate rispetto a due fattori principali:
- quante volte sono visualizzate;
- quante volte sono cliccate.
Alcune pubblicità hanno meccanismi ancora più raffinati:
- pagano quando l’app pubblicizzata è stata installata dall’utente e aperta almeno una volta;
- pagano se la pubblicità è vista per almeno un certo periodo di tempo: tipicamente questo metodo si applica ai video.
Per calcolare la rendita di una pubblicità si usano degli indicatori che riflettono i fattori di monetizzazione scelti per la pubblicità: CPM, CPC/PPC, CPL/CPA/CPS. Vediamo che cosa significano queste sigle.
CPM (Cost Per Mille): rispecchia il prezzo di 1000 banner visualizzati. Il pagamento è in funzione del solo numero di visualizzazioni della pubblicità. Più la mostro, più sono i miei guadagni. Esempio: se visualizzo una pubblicità 200.000 volte a un CPM di 0,5 euro guadagnerò 200.000 / 1000 * 0,5 = 100 euro.
CPC (Cost Per Click) conosciuto anche come PPC (Pay Per Click): questo modello paga se il banner è “cliccato/toccato”. Il pagamento è in funzione del numero di click effettivi rispetto alle visualizzazioni. Esempio: se visualizzo una pubblicità anche 200.000 volte ma è cliccata 1000 volte, con un CPC di 0,08 euro guadagno 80 euro. Su questi parametri posso calcolare il CTR (Click Through Rate) pari a 1000/200.000 = 0,5% che significa che solo lo 0,5% di banner visualizzati viene cliccato. Sulla base di questo parametro posso calcolare infine l’effettivo costo per mille (eCPM), cioè quante sono le visualizzazioni di un banner che mi portano effettivamente a guadagnare: 80 euro / 200 = 0,4 euro. Si noti che il numero 200 è pari alle impressioni per mille: essendo le impressioni 200.000 con il CPM totale, invece nella formula dell’eCPM sono divise per 1000.
CPL (Cost Per Lead), CPA (Cost Per Acquisition), CPS (Cost Per Sale): sono tutti e tre modelli che pagano quando il prodotto, app o servizio pubblicizzato è stato effettivamente consumato dall’utente finale. Tipicamente hanno dei valori molto più elevati del CPM e CPC, ad esempio il CPL può essere di 5 euro.
Si consiglia di confrontare i guadagni offerti da diversi AD Network usando l’eCPM in modo che sia indipendente se si guadagna per visualizzazione, per click o per acquisizione.
Freemium
“Il modello freemium consiste nel proporre l’app gratuita e offrire servizi premium all’interno dell’app”.
Il freemium è il modello di business che sta avendo maggior successo in questi ultimi anni e sta prendendo sempre più piede perchè coniuga la facilità di ingresso del free più la possibilità di sostenere lo sviluppo di un’app con la qualità che ci si aspetta da un servizio a pagamento.
Figura 12 – Il modello freemium attualmente è quello di maggior successo.
Come si vede dall’immagine, la maggior parte delle app usa il modello freemium (barra in azzurro). I giochi e le news sono le categorie con maggiore penetrazione di questo modello perchè si prestano bene a piccoli acquisti come l’approfondimento di una news o l’acquisto di crediti per un gioco.
Il modello freemium ha diversi vantaggi:
- l’utente che scarica un’app freemium ha la possibilità di provarla prima di spendere effettivamente i soldi;
- l’utente può decidere quanto spendere per i servizi dell’app calibrandoli rispetto alle sue esigenze;
- i guadagni di chi pubblica un’app freemium possono essere anche dieci volte la spesa che un singolo utente farebbe per la stessa app messa a pagamento; infatti, per esempio nel caso di un gioco, se un utente si appassiona potrebbe comprare più volte i crediti per finire prima;
- l’app può essere rilasciata in modo incrementale puntando a offrire i servizi che gli utenti necessitano maggiormente e per i quali sono disposti a pagare, senza implementare tutto subito con il rischio di lavorare su funzionalità che le persone non sono disposte a comperare: e questo è molto Agile…
Il modello freemium sembra essere quindi una soluzione “win-win” per utenti e sviluppatori perchè permette di provare l’app e comprare solo quello che serve e in compenso di avere i fondi necessari per sviluppare le funzionalità premium perchè gli utenti sono disposte a pagarle.
Acquisti all’interno dell’applicazione
L’acquisto del servizio premium avviene tramite una transazione che parte dall’interno dell’applicazione (in-app purchase) quindi senza uscire dalla app stessa. Cosa viene venduto tipicamente? Ci sono delle categorie di acquisti piuttosto standardizzate:
- nuovi livelli di gioco;
- crediti per acquistare funzionalità, trucchi e potenziamenti;
- funzionalità avanzate dell’app;
- rimozione della pubblicità.
Il tema è vasto e non basterebbe questo unico articolo per esaurirlo. Vi ricordo però un aspetto importante: se pianificate un’app freemium, prevedete, fin da subito, un modo per verificare che gli acquisti in-app siano veri. Ne abbiamo parlato nella terza puntata di questa serie [2].
Paid
“Pago l’app ed è mia”.
Il Paid, in cui occorre acquistare l’app per poterne usare le funzioni, è il modello di business concettualmente più semplice e forse anche per questo è stato quello utilizzato dalle prime app di successo. Attualmente, però, è molto meno utilizzato in favore del freemium e del paidium.
Paidium
“Pago per l’app e pago per avere funzionalità avanzate”.
È il mix di Paid e Premium. Funziona bene se l’app è di alta qualità, e quindi supera la barriera del primo pagamento, e se ciò che viene offerto con l’in-app purchase è di effettivo valore. Un esempio di Paidium è il gioco Infinity Blade su iOS.
Strategie di vendita
In che modo possiamo vendere le nostre app? L’argomento meriterebbe un intero articolo ed è ampiamente dibattuto. Diciamolo chiaramente: modalità certe non esistono… ma esistono comunque dei modelli di vendita maggiormente utilizzati, per varie ragioni, che vediamo brevemente qui di seguito: up-selling, cross-selling e credits for adv.
Up-selling
L’up-selling è una tecnica che fa aumentare le vendite di un’app a pagamento sfruttando la promozione fatta da un’app gratuita. L’up-selling avviene su app della stessa categoria.
Figura 13 – La strategia di up-selling.
Cross-selling
Il cross-selling è una tecnica per vendere un’app utilizzando un’altra app, anche a pagamento. Il cross-selling avviene tra app di categorie differenti.
Figura 14 – La strategia di cross-selling.
Credits for adv
Credits for adv è una tecnica per la quale l’utente è premiato se interagisce in modo attivo con la pubblicità: ad esempio cliccando su di essa o installando l’app proposta dalla promozione.
Funziona molto bene nelle app freemium che hanno anche la pubblicità e che usano i crediti per acquistare livelli o servizi premium. L’utente può decidere di acquisire direttamente i crediti pagandoli, oppure di interagire con la pubblicità e ricevere in cambio i crediti.
Strumenti a supporto
Ora che abbiamo una panoramica dei modelli di business e delle strategie di vendita, vediamo rapidissimamente quali sono gli strumenti per creare la propria campagna pubblicitaria all’interno di un’app.
AdMob
AdMob è lo strumento di Google per creare le campagne pubblicitarie [3].
Figura 15 – AdMob.
AdMob consente di creare banner e interstitial e offre un SDK (iOS, Android e Windows) per agganciare la pubblicità del circuito Google. Con AdMob è anche possibile promuovere le proprie app con delle campagne pubblicitarie ad hoc.
iAD
iAD è il circuito pubblicitario di Apple [4]. Supporta solo iOS ed è facilmente integrabile nelle app. Ultimamente, nelle nostre app, abbiamo avuto l’esperienza di una minore monetizzazione rispetto ad AdMob.
Video
Sono gli strumenti della nuova frontiera pubblicitaria. Piattaforme come Vungle [5] e Chartboost [6] sono tra le più usate per inserire i video nelle app.
Esistono moltissimi altri AD Network. Vi invito a provarli e farne un mix per creare la strategia vincente che vi permetta di sfruttare le peculiarità di ognuno.
Conclusioni
Abbiamo fin qui visto solo alcuni aspetti legati al marketing delle app. Ma, per avere un quadro completo, sarebbe necessario trattare altri aspetti come la SEO dell’app nello store, il supporto agli utenti, la gestione delle review dell’app, la raccolta dei feedback, i piani di aggiornamento di un’app, l’ufficio stampa e le campagne di lancio, la viralità sui social network, l’attenzione all’esperienza utente (UX), le strategie di aumento del coinvolgimento dell’utente con le push notifications, e così via.
Ci ripromettiamo di farlo in futuro ma, nel frattempo, se volete approfondire questi argomenti potete contattare uno dei nostri “app angel” su http://www.makeitapp.eu.
Riferimenti
[1] Standard per le misure dei banner nelle app
http://www.mobiletheory.com/advertisers/ad_specs/
[2] Giulio Roggero “Mobile apps – III parte: Backend as a Service (BaaS)”, MokaByte 195, maggio 2014
https://www.mokabyte.it/cms/article.run?articleId=N58-6NL-CJM-851_7f000001_10073811_f1afd3e4
[3] Google AdMob
[4] Apple iAD
[5] Vungle
[6] Chartboost